” Nelle mezze stagioni il regno di Sandro erano le palestre di roccia. Ce ne sono diverse, a due o tre ore di bicicletta da Torino, e sarei curioso di sapere se sono tuttora frequentate: i Picchi del Pagliaio con il Torrione Wolkman, i Denti di Cumiana, Roca Patanua (significa roccia nuda), il Plò, lo Sbarua, ed altri, dai nomi casalinghi e modesti. Quest’ultimo, lo Sbarua, mi pare fosse stato scoperto da Sandro stesso, o da un suo mitico fratello, che Sandro non mi fece mai vedere, ma che, dai suoi scarsi accenni, doveva stare a lui come lui stava alla generalità dei mortali. Sbarua è deverbio da “sbaruè”, che significa “spaurare”; lo Sbarua è un prisma di granito che sporge di centinaia di metri da una modesta collina irta di rovi e di bosco ceduo: come il Veglio di creta, è spaccato dalla base alla cima da una fenditura che si fa salendo via via più stretta, fino a costringere lo scalatore ad uscire in parete, dove, appunto, si spaura, e dove esisteva allora un singolo chiodo, lasciato caritatevolmente dal fratello di Sandro. Erano quelli curiosi luoghi”
Il sistema periodico – Primo Levi
La rocca Sbarua, con le sue pareti verticali e il suo profilo arcigno, ha da sempre colpito la fantasia di chi viveva alle sue pendici e degli occasionali visitatori. Ciò ha condizionato perfino il nome, Sbarua, “che spaventa, che fa paura” ed ha ispirato, con la sua atmosfera magica, storie e leggende di ogni sorta. Sembra di entrare in un’altra dimensione camminando tra i faggi del “Bosco dell’Impero”, la foresta che si estende ai piedi della Rocca, ripercorrendo gli antichi sentieri di carbonai e cacciatori. Accanto alle tradizioni locali, ai racconti su lupi e diavoli, fin dai primi anni del ‘900, queste pareti hanno colpito la fantasia di un altro tipo di persone: gli scalatori. Infatti, la rocca Sbarua è famosa sopratutto per l’arrampicata, sono innumerevoli gli itinerari aperti e attrezzati nel tempo ed oggi è frequentata tutto l’anno da numerosi appassionati. Nel passato, erano pochi quelli che osavano affrontare queste pareti, per allenamento a imprese ancora più ardue, e hanno legato il proprio nome a questo luogo grandissimi alpinisti entrati nella storia: Ellena, Gervasutti, Rivero, Boccalatte, Rossa… Queste pareti hanno vissuto in prima persona l’evoluzione che ha portato dall’alpinismo la nascita dell’arrampicata sportiva. Negli anni venti furono salite con tecniche alpinistiche le prime vie, tra tutte, La Vena di Quarzo, salita da Ellena; nel decennio successivo, Rivero salì lo spigolo che porta il suo nome, quindi furono aperte la mitica fessura Gervasutti e le altre; negli anni si moltiplicarono le salite, migliorarono tecnica e difficoltà, e pian piano, sulla scia dei grandi cambiamenti che avvenivano in California, arrivarono anche alla Sbarua, negli anni ’60, i primi Free Climbers, antesignani dell’odierno arrampicatore sportivo. Questi innovatori non cercavano più la cima ad ogni costo, arrampicavano cercando l’itinerario più estetico e non utilizzavano mezzi artificiali se non per proteggersi da eventuali cadute. Così Motti e Grassi aprirono, tra le altre, la Via degli Amici; non era ancora però l’arrampicata sportiva come la intendiamo noi oggi, un’attività senza alcun pericolo, su pareti già attrezzate con spit e soste. Questi vennero dopo, alla fine degli anni ’80, con De Marchi, che chioda dall’alto lo Scudo di Enea e traccia Vojages Selon le Classiques. In quegli anni ci fu un’espansione di questo sport, con riattrezzatura e ripetizione in libera degli itinerari classici. Purtroppo questa fase degenerò negli anni ’90 in una spittatura selvaggia di una miriade d’itinerari, uno vicino all’altro, incrociati e confusi, tracciati senza logica e riguardo per la roccia, fino ad arrivare a prese scavate col trapano! Si credeva in questo modo di incentivare il turismo: inizialmente l’ampia disponibilità di itinerari e la loro relativa facilità ha portato corsi e scuole di alpinismo, ma col tempo ha allontanato chi cercava la purezza della linea, la bellezza dell’arrampicata e le difficoltà estreme; così la Sbarua è finita quasi dimenticata.
Oggi si sta portando avanti un discorso di riqualificazione della Rocca, con riattrezzature e pulizia delle pareti; inoltre, la bellezza di questi luoghi renderebbe riduttiva una frequentazione esclusiva dei climbers, così sono stati puliti ed attrezzati molti sentieri da percorrere a piedi, in bici o a cavallo a seconda dei gusti, per esplorare tutta l’area intorno alla Sbarua, fino ad arrivare ai Tre Denti di Cumiana ed ancora più in là, perdendosi tra faggi e leggende. Casa Canada, calata in questo contesto di attività all’aria aperta a 360°, si pone come luogo di ristoro, incontro e scambio di racconti sulle proprie avventure, svoltesi all’ombra della magnifica Rocca.